A 56 anni sono rimasta completamente sola. I miei figli hanno da tempo la loro vita. E mio marito? Ha dichiarato di recente che se ne va con un’altra donna. Per tutta la vita mi sono alzata alle cinque del mattino, preparavo la colazione, accompagnavo i figli a scuola, correvo al lavoro, e la sera, a stento in piedi, lavavo, riordinavo e stiravo. E alla fine, cosa mi è rimasto?
— Ci ho pensato a lungo, — ha detto mio marito, mettendo con cura le sue cose nella valigia. — In tutti questi anni mi è mancato l’amore… Ora capisco che devo recuperare il tempo perduto.
Invece di lacrime e scenate, ho agito in modo tale da lasciare mio marito scioccato e implorarmi perdono. Ma non sono più quella ingenua.
La nostra storia è iniziata come tante altre: matrimonio, figli, mille incombenze. Mi svegliavo alle cinque, preparavo la colazione, portavo i figli a scuola, correvo al lavoro, poi li riprendevo, li accompagnavo alle attività ed aiutavo con i compiti.
La sera, a malapena in piedi, lavavo, riordinavo e stiravo. Ogni giorno si ripeteva all’infinito.
Poi mio marito: prima ritardi sul lavoro, poi “viaggi di lavoro”, infine notti trascorse fuori. E ora sta facendo la valigia.
— Posso aiutarti? — gli ho chiesto sorridendo.
È rimasto pietrificato, confuso.
— Cosa? Niente lacrime? Niente scenate? Mi lascerai andare così, in silenzio?
Ho sorriso.
— Perché dovrei trattenerti? Viviamo da tempo come vicini: senza rispetto, senza affetto.
Ha sospirato:
— Nessun sostegno? Ti lascio tutto quello che ho guadagnato!
Ho scrollato le spalle:
— Certo. L’appartamento è mio, l’auto è mia. Allora, prego, vattene!
Quando la porta si è chiusa, ho avvertito un’emozione intensa: non nostalgia, ma la consapevolezza degli anni vissuti per gli altri.
Non mi sono data alla tristezza. Ho comprato vestiti che un tempo avrei giudicato “troppo audaci per una donna sposata”, sono andata dal parrucchiere dopo anni, ho cambiato taglio, ho fatto la manicure, ho messo un rossetto acceso e mi sono ammirata con un sorriso.
— Signora, è raggiante! — mi ha detto la vicina. — Sarà l’amore?
— No, piuttosto il contrario! — ho riso.
Appena ho iniziato a godermi questa nuova vita, hanno bussato alla porta.
— Apri! La mia chiave non va più !
— Certo che no, ho risposto, non aprendo: ho cambiato le serrature.
— Ti prego, apri. Ho capito il mio errore. Sei l’unica che amo.
Ho appoggiato la fronte alla porta, sorridendo.
— Forse non hai più un posto dove andare?
Silenzio dietro la porta, poi passi che scendono le scale.
Era ingenuo pensare che l’avrei aspettato: no, caro, ora ho la mia vita, e per me va benissimo.